La fuga
Per poter parlare di fuga, e cioè dell’abbandono del luogo in cui il bambino dovrebbe stare, è necessario individuare il momento in cui il bambino è consapevole del suo domicilio. La fuga non è lo smarrimento. Per questo motivo si può parlare di fuga a partire dai sei, sette anni. La fuga ha una durata che può variare dalle poche ore ad alcuni giorni. Nel bambino piccolo le fughe sono per lo più motivate dal desiderio di raggiungere un luogo o delle persone amate (come un genitore o dei nonni) per sfuggire da un luogo temuto o detestato. La maggior parte delle volte il bambino si aggira nei dintorni della casa e ha come obiettivo quello di farsi trovare. Non esistono caratteristiche di personalità dei fuggitivi. Spesso si osserva la fuga in bambini che hanno vissuto molte separazioni e distacchi, senza nessuno che li aiutasse ad elaborarli. (bambini in istituti o in famiglie conflittuali). Un’altra fuga frequente è la fuga dalla scuola. Questa si presenta soprattutto in bambini che hanno difficoltà di riuscita, in bambini ansiosi o con una fobia scolastica. Altre volte la fuga rientra in un quadro psicopatico. La maggior parte delle volte questi episodi hanno fine o perché la famiglia se ne accorge o perché il bambino non è più in grado di tollerare il carico di angoscia e confessa. Non bisogna sottovalutare i benefici secondari che un bambino può ottenere nel vedere i genitori arrabbiati e, soprattutto, preoccupati. È importante cercare di comprendere il disagio che vive il bambino per evitare che la condotta della fuga venga utilizzata ogni qual volta il bambino desidera affetto e considerazione nella mente dei genitori.